Pesantezza russa sulle montagne russe

La pesantezza russa non passerà mai. Un uomo difficilmente cambia, la storia si ripete e i ricordi riaffiorano quando meno te lo aspetti.

Sono stata sopraffatta dai miei sentimenti che facevano a botte. Non ragionavo, lasciavo fare al mio sfogo il suo lavoro. Piangevo. Singhiozzavo. Era il 24 febbraio 2022, la data dell’occupazione ucraina e io ero in piedi con le lacrime che arrivavano a non finire.

«Non lo so» era stata la mia prima risposta a chi si preoccupava di che cosa mi stesse succedendo.

Dovevo dare una spiegazione per la mia reazione ma non era facile, neanche immediato. Ricevevo i colpi dal passato e non sapevo a chi darli nonostante il mio corpo fosse pieno di rabbia. O forse paura?

Immagine dal film “L’insostenibile leggerezza dell’essere”.

Non si può vivere nell’aspettativa che “qualcosa succederà”. Anche quando sai che le avvisaglie arrivano da voci autorevoli, nel tuo “piccolo” mondo ignorante devi andare avanti, perché speri che non succederà. Perché comunque hai due scelte, vivere nel riflesso del passato oppure goderti il presente e guardare al futuro. Altrimenti non combini un granchè.

PITCH E PRESENTAZIONI

Parlo per la mia esperienza, quella parte difficile del vivere che si deve affrontare e risolvere, lasciando dormire più che volentieri la parte brutta del passato.

Ma, come ho detto, il passato torna, quando non sei o non vuoi essere pronto. Esce fuori, nel giorno dell’occupazione dell’Ucraina e si collega direttamente ai ricordi dell’agosto 1968.

Invasione della Cecoslovacchia

Ero piccola, in un letto insieme a mia sorella più grande che ha vissuto l’alba del 21 agosto del 1968 molto più intensamente. Abitavamo poco distanti da piazza Venceslao, a Praga, e le finestre tremavano per lo spostamento dell’aria insieme al forte rumore dovuto al passaggio dei mezzi pesanti sui ciottolati di pietra che rivestivano la pavimentazione della via. Mia sorella ricordava nostra madre che ci copriva con il piumino, un gesto che da grandi ci faceva ridere. Questo potevamo fare, per non piangere.

Non era solo la riconferma della già sconveniente posizione geografica per la quale il mio paese era stato ammesso al blocco sovietico dopo la seconda guerra mondiale. Negli anni a venire, dopo l’invasione della Cecoslovacchia nel 1968, proseguì l’incubo durato mezzo secolo in totale.

Nel 1968 il 21 agosto i “paesi in amicizia”, i compari del “Patto di Varsavia“, vennero a “salvarci” dalle idee del “socialismo con il volto umano”, guidati dal “grande fratello” – l’Unione Sovietica.

«Per primi con i carrarmati sono arrivati i nostri “fratelli” dell’attuale Ucraina!» Questa è stata la mia prima frase di senso compiuto, quando ho smesso di singhiozzare sui ricordi crudeli tornati da me, a Torino.

Patto di Varsavia

L’intervento di “salvataggio” era comandato ovviamente dalla pesantezza russa e obbedito dalla confraternita polacca, bulgara, tedesca (ovviamente del blocco Est) e ungherese. Albania e Romania non parteciparono.

Ero piccola quando successe, ma ricordo benissimo come è stato il lungo proseguimento. Le lezioni di lingua russa a scuola, i libri della narrazione russa per i ragazzi, il gruppo dei giovani pionieri del comunismo, il luna-park con le montagne russe tutto l’anno, i film proletari russi, le riunioni e i piani per i cinque anni a venire.

Montagne russe

Un’ostentata gioia dei vincitori, i compagni salvatori, che ci avevano messo al sicuro dal nostro sciocco desiderio nel progredire con le idee sul “volto del socialismo umano” e un’angosciosa perdita del diritto alla naturale felicità. Il che significava che tutti eravamo diventati artificialmente felici di essere stati salvati. Lasciarsi andare per essere “insostenibilmente leggeri” odorava di persecuzione. La legge che vigeva era questa:

“O sei con noi o sei contro di noi”.

«La pesantezza, la necessità e il valore sono tre concetti intimamente legati tra loro: solo ciò che è necessario è pesante, solo ciò che pesa ha valore.»

Milan Kundera – L’insostenibile leggerezza dell’essere.

Montagne russe

Io non potevo andare in piazza, vedere con i miei occhi come avvenisse l’annientamento di chi sperava nell’allentamento del regime totalitario. Poi ho saputo che noi non eravamo altro che vassalli del Cremlino e noi, che avevamo stretto un patto con la Grande Russia, dovevamo rimanere ubbidienti e conformati alla grande occasione comunista.

Di quel periodo ho i frammenti raccontati dalla mia famiglia e da altre persone che descrivevano bisbigliando quello che succedeva nel 1968/69:

  • I Russi avevano fame, puzzavano e non sapevano perché erano arrivati.
  • I primi erano ragazzini appena arruolati, convinti di fare un’esercitazione.
  • Tentavamo di parlare con loro.
  • Raccontavamo barzellette sulla loro ignoranza, si capiva quanto fossero arretrati.
  • Hanno sparato all’edificio della radio, poi contro la gente.
  • Le persone mandavano notizie e foto all’Ovest rischiando grosso.
  • Non poteva arrivare nessuno a salvarci, eravamo sbarrati dallo stesso patto di Varsavia.
  • C’è stata una resistenza popolare, le “2000 parole dei cittadini con le richieste ai politici”.
  • In seguito una repressione massiccia verso chi non era d’accordo con il sistema del ripristino.
  • E poi un gesto, l’ultimo, di Jan Palach.
  • Silenzio totale.
  • Felicità artificiale fino al 1989 – anno della Rivoluzione di velluto.

La normalizzazione era stata un’escalation di tensione, come fosse una salita rapida e poi, durante la discesa vertiginosa, un risveglio devastante nella vita ‘soviet stile’: erano le vere montagne russe. Non c’erano paesi rasi al suolo come avevano fatto i tedeschi con il paese Lidice per dissuadere la liberazione dal fascismo, ma il regime totalitario aveva falciato altrettanto sicuramente per altri vent’anni.

Storia della pesantezza russa

I russi sono pesanti, non sono ben visti dagli altri paesi e lo sanno. Loro lo sentono, la definiscono mancanza di rispetto. Chissà come mai? Forse perché così spesso con un tono cupo, impertinente, sembrando anche arrabbiati dicono: «Ma io sono russo!» (но я русский человек)

Perché dai tempi di Caterina la Grande hanno:

  • il senso della sovranità
  • nella loro storia un’esponenziale crescita territoriale durata più di 300 anni
  • salvato i popoli dalle guerre
  • il diritto della gratitudine e del rispetto
  • reclamato storicamente il potere decisionale verso stati più piccoli.


Queste sono le loro convinzioni, associate alla visione indotta dalla propaganda, e fanno parte del loro DNA, quindi tutto è assolutamente vero. Essere russi significa essere importanti come il loro territorio e la loro gloriosa storia. Hanno compiuto salvataggi significativi richiesti dalle nazioni, trascinati nelle guerre hanno subito perdite, dicono, eppure l’eterna gratitudine e il rispetto dovuto stentano ad arrivare.

Il loro mantra di “essere dentro – oppure fuori” funziona giorno e notte, che importanza poteva avere se in Afghanistan o in una piccola nazione in mezzo all’Europa per una popolazione così allargata? La Russia è tutt’oggi grande, convinta di raccontare la sua storia, il presente e il futuro. A modo suo, e a quale scopo dovrebbe utilizzare un metodo degli altri – là fuori? Loro “sono russi“.

2022

«Fu un’occupazione politica da parte del sistema sovietico. La presenza di un contingente militare nel vostro paese era semplicemente una strategia del Partito Comunista Sovietico.» Così si commenta l’intervento del 1968 oggi in Ucraina. All’epoca dicevano che la sicurezza della Cecoslovachia fosse minacciata dalle forze filo-occidentali. Passati 54 anni, l’attuale presidente russo Vladimir Putin afferma che la sicurezza del suo Paese è minacciata dall’Occidente.

Pare che la Russia voglia sempre la stessa cosa, avere la sicurezza di non essere minacciata dal suo vicino, ampliare la sua sfera di influenza, conquistando e riconquistando i territori. Riscrivere la storia. Ma soprattutto, mantenere il potere:

Putin, guerra santa, pesantezza russa

Immagine di Putin include oltre a lui i precedenti presidenti russi: B.N. Él’cin (la mano senza le dita), M.S. Gorbačëv (voglia – angioma sulla fronte), L. Brežnev (divisa), N.S. Chruščëv (mais), I. Stalin (pipa), V.I. Lenin (barba).

Tra l’enorme quantità di video che si presentano in occasione dell’occupazione dell’Ucraina c’è anche questa esternazione di B. F. Nemcov, una figura incisiva e anche controversa del panorama politico russo, ucciso nel 2015:

«Voi davvero pensate che a “lui” interessi qualcosa del popolo? Che qualcuno sia stato offeso in Donbass o in Crimea? Ma se si tratta sempre di russi, che al potere ci sono stati sempre loro! Potrei capire se la Russia fosse un paese come l’America, una Russia prosperosa che ci tiene a fare cose utili per il popolo ucraino. La verità è che (a “lui”) non gliene frega niente!»

Havel e Merkel

Per finire ho scelto due politici come esempio di come sia stata gestita la Russia dopo il crollo dell’impero Sovietico negli anni Novanta, con la conseguente caduta del sistema economico. E poi la gestione di Putin. Colui che è salito al trono del Cremlino direttamente dai servizi segreti. Si dice sia questa la causa della sua diffidenza e aggressività.

Vaclav Havel fu un sceneggiatore ceco che venne imprigionato per le sue idee durante il regime. Poi fu portato al Castello di Praga per fare il presidente, con un largo consenso della popolazione liberata dalle catene russe. Le aveva sentite sulla propria pelle; Havel sapeva che non bastava staccarsi dall’Unione Sovietica, che i russi – ucraini continuavano a stare dietro l’angolo.

Grafico – curve del potere:

Pesantezza russa - grafico della caduta

Quando negli anni Novanta Václav Havel presenziò al Congresso Americano fu applaudito nel suo discorso dicendo: «Se vorrete aiutarci, aiutate la Russia». La frase è piaciuta? Non si sa, la Russia ancora oggi è un paese seduto sull’enorme ricchezza delle risorse naturali, ma anche con un’economia del 75% nelle mani dell’1% della popolazione, politicamente conveniente. Da parte dell’Occidente si continua a sottovalutare il consolidamento della nazionalità della politica russa.

Angela Merkel è cresciuta nella DDR, Germania dell’Est, sentendo l’odore della Stasi a causa della professione di pastore del padre. Chi altro poteva capire Putin se non lei?

Per anni ha gestito «”quell’autocrate russo”, tenendo a bada le sue proteste per la promessa non mantenuta da parte dell’Europa nel 1990 di non allargare la Nato a Est. E dall’altra parte teneva presente all’Alleanza Atlantica che pensava di allargarsi sul cortile di casa di Putin». (Cit. libro: L’inattesa di Tonia Mastrobuoni)

Propaganda

Niente di questo finisce bene. Le previsioni, le preoccupazioni si sono avverate e in Ucraina si combatte. Anche con il modo di fare cupo, russo, altezzoso nel distribuire le carte a pochi giocatori mentre si continua ad alimentare la massa con la storia del “gene della vittoria” appartenente da sempre alla Russia.

E così, niente di nuovo sotto il sole. L’informazione e la disinformazione impacchettate insieme per essere spedite verso l’Occidente, continuando a fare propaganda. Presentare a voce parole d’amore per concludere con la scritta di uno slogan. Quest’altro assaggio della continua pesantezza russa in un video di Twitter con un riassunto:

Un’esternazione femminile dell’amorevolezza verso il proprio paese, il quale ama e protegge il mondo. Perché desidera solo vivere nell’amore e nella fede. Dietro di lei appare la scritta: per la pace senza nazismo …

Pesantezza russa sulle montagne russe

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