Jan Palach, 55 anni Primavera di Praga

Desiderava studiare la storia ed è divenuto parte di essa. Jan Palach era uno studente che voleva scuotere la società dalla rassegnazione nella quale stava precipitando dopo l’occupazione del paese nell’agosto del 1968. Jan Palach è diventato il simbolo della Primavera di Praga lasciando un forte messaggio per tutti noi con il suo gesto e la sua ultima frase:

«L’uomo deve combattere il male nel modo che riesce a raggiungere» .

Immagini: IMDb, Corriere della sera
Fonti: Aha!.czRadiožurnál.cz

Jan Palach

oggi avrebbe più di settant’anni (nacque l’11 agosto 1948). Di lui si sa poco, era solitario e misterioso e le persone che gli erano vicine all’epoca non ne parlarono molto.
«Era diverso da suoi coetanei, non disperato o strano, lui era differente, diverso» aveva detto lo sceneggiatore e regista Robert Sedláček, autore del film Jan Palach uscito nelle sale ceche il 21 agosto 2018.

In un’intervista ha descritto il difficile lavoro nella preparazione di questa trascrizione cinematografica, della vita di un uomo giovane, ancora studente universitario, divenuto un simbolo della lotta.
«Ho avuto una grande responsabilità, è un monumento nazionale», ha detto. Ha passato tanto tempo nella preparazione, a parlare con le persone che avrebbero potuto portarlo da lui: gli storici, persone che hanno vissuto vicino a lui e sono ancora in vita e pellegrini storici. Così Jan Palach è diventato il suo compagno.

jan palach

Interpretando Jan Palach

Studiando i reperti storici, i video e l’intervista terribile di Jan Palach rilasciata con le sue ultime forze (reperibile su internet) anche l’attore Viktor Zavadil – che interpreta il protagonista – ha rilasciato un commento a riguardo, su come ancora oggi ricordi la prima sensazione di gelo nel sentire le ultime parole e il respiro di Jan.

«Voglio raccontare la storia di Jan Palach, che non è una lotta infantile contro il regime ma un esempio di fino a dove spinga un individuo sensibile la conformità onnipresente e l’adattabilità portate in estremo».

Questo ha sottolineato l’attore con la sua determinazione nel far capire la persona e il contesto storico. Nel film interpreta queste parole della sceneggiatura: «Bisogna fare qualcosa! Un’azione che nessuno si aspetta», affinché rappresentino la volontà di Jan che soffriva e s’interrogava dopo l’invasione della Cecoslovacchia nella primavera del 1968.

2000 parole

Un evento particolarmente significativo in quel periodo fu il documento di “2000 parole di appartenenti alle categorie degli operai, coltivatori, impiegati, artisti e tutti” che in pochi giorni venne firmato da centomila cittadini insieme a molti personaggi di rilievo nella società ceca. Riguardava la libertà di stampa senza censura e il libero accesso alle informazioni. Il largo consenso che continuava a crescere aveva incontrato la dura reazione da parte del partito comunista. Il governo sovietico aveva intravisto uno stato pre-rivoluzionario.

Per stroncare questo ‘pericolo’ nell’agosto del 1968 mezzo milione di soldati dai cinque stati del Patto di Varsavia invasero la Cecoslovacchia. Cominciarono le rappresaglie contro le persone che avevano aderito al movimento di 2000 parole. Le persone avevano iniziato a sentirsi sconfitte chiudendosi nella propria paura. Era questo il clima nel quale Jan Palach compì il suo gesto.

Oltre allo studio e la preparazione per il film anche il giovane attore è stato scelto con altrettanta scrupolosità. Per questo ruolo ci voleva “un foglio ancora non scritto” ha specificato il regista. Viktor Zavadil è tuttora un attore piuttosto sconosciuto, recita in Moravia dove il regista è andato a scovarlo. Gli aveva chiesto perché secondo lui Jan Palach non avesse lasciato nessun messaggio a sua madre. Viktor gli aveva risposto: «Perché se avesse scritto una lettera non sarebbe riuscito a compiere quel gesto».

Jan Palach, 55 anni Primavera di Praga

L’ha fatto per tutti noi

Robert Sedláček, il regista nato nel 1973, descrive Jan Palach così come lo ha conosciuto tramite altri, un giovane uomo che non si lasciava giudicare e ha agito. Aveva mostrato i suoi silenzi e il linguaggio del corpo perché era un uomo che aveva tante fragilità oltre la forza di compiere quel gesto.

Sempre dai reperti storici sappiamo che intanto che l’ambulanza lo portava via, Jan Palach aveva pronunciato ben due volte la frase: «Non sono un suicida», che usciva dalle sue labbra bruciate. 

«Io quelle parole non le ho inserite intenzionalmente», ha spiegato il regista, «perché lui l’ha fatto per tutti noi e ognuno deve prendersi la sua parte. La sua azione è di tutti noi, è quello che lui voleva».

P.S. Questo film descrive un lasso di tempo antecedente al compimento del gesto in piazza Venceslao di Jan Palach, a differenza dal film prodotto da HBO e trasmesso sulla Rai che tratta dell’accaduto dopo (Il fuoco di Praga).
Contenuto esterno: Trailer del film Jan Palach.

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